Il Convegno annuale “La PA che vogliamo” organizzato dall’Università Bocconi di Milano

Si è tenuto in relativa sordina il quarto convegno annuale denominato “la PA che vogliamo” che l’OCAP (Osservatorio sul cambiamento delle Amministrazioni pubbliche) dell’Università Bocconi organizza dal 2014 con la partecipazione di ospiti illustri e qualificati. Gli incontri sono divenuti ormai una delle occasioni più ricercate di discussione delle “riforme” sulle pubbliche amministrazioni che si susseguono costantemente.

Quest’anno il “parterre” dei partecipanti era come sempre al massimo livello: oltre al promotore dell’incontro, il prof. Giovanni Valotti – Direttore dell’Osservatorio, erano presenti il Capo Ufficio legislativo del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione – dr. Angelo Vitale, il Presidente delle Scuola Nazionale dell’Amministrazione – prof. Stefano Battini, il Presidente dell’ARAN – dr. Sergio Gasparrini e il prof. Davide Galli dell’Organismo Indipendente di Valutazione del Ministero della Giustizia.

L’argomento del convegno è stato l’illustrazione e la discussione sui due recenti decreti legislativi sul pubblico impiego e sulla valutazione delle performance, emanati recentemente dal Governo in attuazione della legge delega numero 124 dello scorso anno 2015.

Si è fatto carico dell’illustrazione puntuale dei contenuti del decreto n. 75 Angelo VITALE, capo Ufficio legislativo del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione. I temi sono quelli noti: superamento del precariato, politica del personale basata su programmazione triennale delle amministrazioni pubbliche dei fabbisogni di risorse umane, interventi sul sistema delle fonti di regolazione del rapporto di pubblico impiego, accelerazione del procedimento disciplinare in ordine alle false timbrature, istituzione del polo unico per le visite fiscali in capo all’INPS. Il dr. Vitale è stato analitico ed esauriente nell’illustrazione delle novità legislative, sulle quali, peraltro, la nostra Federazione si è espressa a suo tempo in occasione delle audizioni promosse dai due rami del Parlamento sullo schema di decreto.

Di prospettive molto più ampie è risultata essere la successiva relazione di Stefano BATTINI, neo-presidente della scuola Nazionale dell’Amministrazione, il quale ha centrato la sua riflessione sull’intero processo di “privatizzazione /contrattualizzazione” del rapporto di pubblico impiego avviato circa 25 anni fa con il decreto legislativo n. 29 del 1993. In coerenza con quanto egli già aveva diffusamente espresso nella sua relazione al convegno di Varenna (Lecco) del settembre 2016, Battini invita a non considerare come acquisiti e scontati i contenuti il modello, allora prescelto e a tutt’oggi utilizzato, di regolazione del rapporto di impiego pubblico: non tutto ha funzionato in quel modello e gli obiettivi di efficientamento e managerializzazione che si attendevano dall’attuazione delle leggi sulla privatizzazione non sono stati conseguiti. Da ciò il relatore non fa discendere la necessità di un ritorno al passato, ma sottolinea l’esigenza di insistere sul percorso della riforma manageriale, di abbandonare le contrapposizioni ideologiche fra gestione pubblica e gestione privata e di orientare le strategie evolutive su tre elementi critici: a) la formazione, b) la valutazione, 3) la mobilità.

E’ successivamente intervenuto il Presidente dell’ARAN, Sergio Gasparrini con una serie di slide rappresentative dell’evoluzione negli ultimi 10 anni del costo del lavoro dipendente pubblico e del numero degli occupati. Dai dati illustrati emerge una forte contrazione della spesa – nell’ordine di circa 6 mld di euro – dall’anno 2008 al 2016, da porre in relazione soprattutto alla contrazione del numero degli occupati (da 3,5 a 3,3 milioni di unità). Gasparrini ha illustrato anche i dati OCSE, da cui emerge che l’amministrazione pubblica italiana è in linea con la media degli altri Paesi quanto a rapporto della spesa per la PA rispetto al PIL e come numero degli addetti rispetto al numero degli occupati totale. Non è la spesa finanziaria il problema delle pubbliche amministrazioni italiane, quanto la qualità dei servizi resi. In questo senso il relatore ha espresso una valutazione positiva delle correzioni intervenute sul regime delle fonti del rapporto di lavoro pubblico, confidando egli su una corretta ripartizione fra il “territorio” riservato alla legge e ambiti di regolazione contrattuale in virtù della garanzia offerta in tal senso dai previsti controlli della Corte dei Conti. Anche per quanto riguarda gli atti dirigenziali di “micro-organizzazione” all’interno delle pubbliche amministrazioni e le novità arrecate al testo dell’articolo 5 del d lgs 165/2001, Gasparrini ha sottolineato il fatto che non è materia contrattuale, ma di “partecipazione” sindacale e che, pertanto, non vincolerà l’autonomia decisionale del dirigente. Sul punto è necessario ricordare che una lunga storia, dipanatasi in anni passati (fino alla limitazione prevista dal d. lgs 150/2009 al solo obbligo di informazione ai sindacati per i provvedimenti organizzativi) e fatta di innumerevoli episodi di “partecipazione”, racconta qualcosa di molto diverso: le forme di partecipazione sono debordate sovente in forme di pressione/soggezione del dirigente, spesso favorite attraverso passaggi preventivi sui vertici politici delle pubbliche amministrazioni in caso di “resistenza” ai desiderata di questo o quel rappresentante sindacale. Nulla fa presagire che il ripristino avvenuto con il decreto n 75/2017 di simili “forme di partecipazione” non provochi identico effetto paralizzante.

Davide Galli, professore alla Bocconi e componente dell’Organismo Indipendente di Valutazione del Ministero della Giustizia ha illustrato i contenuti dell’altro decreto legislativo recentemente emanato, il n. 74/2017, con particolare riferimento al ruolo e ai compiti degli Organismi Indipendenti di Valutazione. Nelle amministrazioni pubbliche italiane questi organismi – istituiti con il decreto legislativo “Brunetta” n. 150 dell’anno 2009 – sono circa 15.000, ma non hanno, per stessa ammissione del relatore, per ora fatto sentire alcun significativo beneficio legato alla loro presenza. Né l’istituzione degli OIV è vincolante per le regioni e per gli enti locali, verificandosi in tal modo una grave distonia di comportamenti fra le varie amministrazioni pubbliche italiane, proprio nella decisiva materia della valutazione delle performance. Eppure nelle intenzioni originarie gli OO.II.VV. erano i soggetti deputati, non solo a presidiare il sistema di valutazione dei dirigenti pubblici, ma a validare le relazioni annuali sulla performance e garantire i processi di misurazione e valutazione adottati nelle AA.PP. Il decreto n. 74 reca soprattutto tre novità: a) conferimento al Dipartimento della Funzione pubblica della regolazione delle modalità di aggiornamento dell’”Elenco nazionale dei componenti degli OIV” già istituito con il DPR n. 105 dello scorso anno 2016; b) enfasi normativamente delineata sul concetto generale di “valutazione organizzativa”, da sviluppare anche attraverso procedimenti tenendo conto anche delle risultanze delle valutazioni realizzate con il coinvolgimento dei cittadini o degli altri utenti finali; c) una maggiore indipendenza dell’Organismo in questione collegata al sopravvenuto divieto di inserire come componenti dipendenti della stessa Amministrazione valutata. Sull’effettiva indipendenza degli OIV – al di là del valore e della professionalità di chi è chiamato a farvi parte – è lecito esprimere qualche forte dubbio, visto che la scelta dei componenti e del loro Presidente, nonché la remunerazione della loro attività sono nelle prerogative dell’Amministrazione valutata: un corretto principio di azione viene quindi vanificato dalla previsione normativa della sua reale e concreta attuazione.

Ha concluso la giornata bocconiana il suo organizzatore, professor Giovanni Valotti, del quale ricordiamo le proposte di riforma della dirigenza pubblica, da lui esposte nel corso di un convegno di tre anni fa e poi trasfuse in larga misura nello schema legislativo di riforma del regime della dirigenza pubblica dello scorso anno, mai entrato in vigore in virtù della nota sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016. Su questa tematica – sulla quale la nostra Federazione FP-CIDA espresse a suo tempo per bocca del suo presidente Giorgio Rembado le più vive riserve – il Relatore non ha inteso insistere, salvo partecipare – attraverso la presentazione di slide raffiguranti una serie di opere d’arte pittorica – il suo pensiero presente, che potremmo sintetizzare così: la riforma della pubblica amministrazione potrà funzionare solo se miglioreranno le forme di regolazione giuridica della figura del manager; il percorso delineato dalla “riforma Brunetta” rimane tuttora incompiuto e inapplicato; si è preferito un atteggiamento di “osservazione neutrale” rispetto alle novità di quella legge piuttosto che di coinvolgimento convinto; continua a prevalere un atteggiamento di fuga dall’innovazione, che si concretizza, ad esempio, con la frequente omissione dal predisporre quei piani di performance che sono la normalità in un’impresa privata; che le riforme non si fanno se qualcuno non se le “carica sulle spalle”; che per fare le riforme necessarie non è sufficiente l’orizzonte dei 5 anni corrispondente ai mandati politici dei vertici delle amministrazioni; che è necessario ripartire dai dipendenti per riprendere un percorso concreto di riforma; che sono necessarie nuove modalità di reclutamento attraverso i concorsi pubblici e valutazioni delle performance delle amministrazioni pubbliche effettuate anche da organismi certificatori terzi.

Si deduce dal tono e dai contenuti di questa relazione il fatto che il prof. VALOTTI, come del resto tutti gli osservatori e gli attori nella pubblica amministrazione, consideri la riforma delle pubbliche amministrazioni italiane come “ancora tutta da fare”. Perlomeno su questo si può essere d’accordo.

Giuseppe Beato – Vice Presidente della Federazione FP-CIDA